Consideriamo due segmenti di retta a e b; sembra sensato ammettere che possano sempre essere confrontati, in altre parole che sia possibile trovare un rapporto numerico tra la lunghezza di a e quella di b. Se per esempio $a = 30 m$ e $b= 3m$ basta prendere $ n > \frac{30}{3} = 10$ per esempio $n=11$ perchè il multiplo $nb = 11b = 33 m$ superi $a = 30 m$.
Ma si potrebbe anche pensare che esista un segmento b talmente piccolo da non essere rapportabile ad a; oppure che esista un segmento b talmente lungo da non essere rapportabile con a.
L'idea di segmenti così piccoli o così grandi sembrava irragionevole ai matematici greci e il più famoso di tutti, Archimede di Siracusa, enunciò il seguente postulato proprio per escludere questa possibilità:
Dati due segmenti qualsiasi a e b, con a > b, esiste sempre un numero intero n sufficientemente grande perché sia $nb > a$.
A questa definizione andrebbe aggiunta una clausola, che per gli antichi greci era superflua, e cioè che i due segmenti non siano di misura nulla.
Dati due segmenti non nulli qualsiasi a e b, con a > b, esiste sempre un numero intero n sufficientemente grande perché sia $nb > a$.
Il postulato di Archimede nato in ambito geometrico, può anche tradursi in un postulato sui numeri reali, così:
Dati due numeri reali positivi qualsiasi a e b, con a > b, esiste sempre un numero naturale n tale che $nb > a$.
che tradotto in simboli si scrive così:
$$ \forall a, b \in \mathbb{R}^{+} \quad \exists n \in \mathbb{N} : nb > a $$
Per gli antichi greci lo zero non esisteva, non era concepibile, e quindi un segmento di misura nulla era parimenti inconcepibile; se invece ammettiamo segmenti di lunghezza nulla il postulato di Archimede non è valido per loro. Di qui la necessità di aggiungere quell'attributo non nulli.
Leibniz e poi Eulero viceversa introdussero e fecero largo uso di numeri non archimedei, e cioè numeri infinitamente piccoli e numeri infinitamente grandi che sono proprio quelli che il postulato di Archimede esclude.
Il postulato di Archimede può essere esteso usando il principio di estensione? E cioè sostituendo ai reali gli iperreali, che porterebbe a questa formulazione:
$$ \forall a, b \in \mathbb{R}^{*+} \quad \exists n \in \mathbb{N} : nb > a $$
che non è più valida; basta un controesempio, se a è un numero reale positivo e b è un numero infinitamente piccolo δ, il prodotto $nδ$ sarà comunque infinitesimo e quindi non potrà mai superare a
Attenzione però: anche l'insieme dei naturali va esteso a quello nonstandard degli ipernaturali:
$$ \forall a, b \in \mathbb{R}^{*+} \quad \exists n \in \mathbb{N}^{*} : nb > a $$
e quindi il postulato di Archimede torna ad essere valido; nell'esempio precedente basterà prendere $n$ infinitamente grande e maggiore di $\frac{a}{b}$ per avere di nuovo un multiplo $nb>a$. Dati per esempio i due numeri $3$ ed $ε$ basterà prendere $n = 4ω$ per avere $nb = 4ωε = 4 > 3$.
In questo modo anche il principio di estensione torna ad essere valido. Non funziona invece per il postulato di completezza che appartiene alla logica del secondo ordine.